Emicrania: arriva un nuovo farmaco iniettivo preventivo
13 Febbraio 2018
Emicrania, una parola che mette i brividi. Soprattutto a chi ne soffre: l’emicrania sporadica o cronica, infatti, è una patologia davvero invalidante nella quotidianità.
Una malattia privativa, molto diffusa nel mondo: basti pensare che le stime parlano di oltre un miliardo di persone che ne soffrono. Un dato che colloca l’emicrania al terzo posto come diffusione della patologia e al sesto posto tra le malattie più invalidanti.
E non è tutto: al momento, infatti, in commercio esistono numerose soluzioni curative, ma pochissimi farmaci pensati per prevenirla e combatterla in anticipo.
Oggi, però, la rivoluzione nel trattamento dell’emicrania sembra essere vicina: l’agenzia europea per i medicinali (EMA) ha accettato la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio per il fremanezumab, un anticorpo in grado di prevenire l’emicrania.
Un farmaco semplice da utilizzare, il fremanezumab può essere somministrato per via iniettiva – a cadenza trimestrale o mensile – anche direttamente dal paziente che soffre della patologia.
Una vera svolta, quella che si prospetta grazie al fremanezumab: considerata la limitata disponibilità di opzioni terapeutiche preventive mirate verso i meccanismi biologici alla base dell’emicrania e tenendo conto del numero di persone che ne soffrono nel mondo, questo farmaco potrebbe diventare un alleato per il benessere per migliaia di individui.
I risultati del programma di sviluppo clinico del fremanezumab parlano chiaro: gli oltre 2 mila pazienti con emicrania episodica e cronica che sono stati sottoposti ai test di somministrazione del farmaco innovativo hanno ottenuto ottimi risultati.
Non solo: le controindicazioni più critiche riscontrare sono state l’indurimento o il leggero dolore nel punto di iniezione, il che conferma che il fremanezumab può essere utilizzato senza particolari effetti collaterali sulla quotidianità dei soggetti che ne faranno uso.
Chiedete supporto al vostro farmacista di fiducia: vi saprà consigliare al meglio nella battaglia contro l’emicrania.
Cheratite neurotrofica: sbarca in farmacia un collirio ad hoc
11 Febbraio 2018
È stato approvato da poco un farmaco innovativo, già disponibile in farmacia, per combattere la cheratite neurotrofica, una patologia degenerativa della cornea causata da un danno del nervo trigemino, che conduce a una perdita della sensibilità corneale e che, quindi, nel tempo può provocare la cecità. Il principio attivo che contraddistingue il collirio appena sbarcato sul mercato è il cenegermin, ideale per il trattamento della cheratite neurotrofica sia in forma moderata, come difetto epiteliale persistente, che critica, come nei casi di ulcera corneale.
Un farmaco innovativo, quello a base di cenegermin, che affonda le sue radici nel passato, grazie alla ricerca medica italiana. La proteina, infatti, fu scoperta addirittura scoperta da Rita Levi Montalcini, che ne verificò le sue capacità di sviluppo, mantenimento e sopravvivenza delle cellule nervose.
Ora, nella sua composizione in gocce oculari, il cenegermin ha l’obiettivo di aiutare i pazienti con cheratite neurotrofica, riparando i danni alla cornea grazie al ripristino dei normali processi di guarigione dell’occhio. Gli studi clinici, infatti, hanno dimostrato che, dopo solo 8 settimane di somministrazione del collirio, i pazienti hanno ottenuto una completa guarigione corneale in moltissimi casi.
Non solo: sono stati davvero ridotti anche gli effetti collaterali riscontrati durante i test pre-approvativi. Da un leggero dolore agli occhi, ad una lieve infiammazione oculare, fino ad aumento della lacrimazione, il collirio a base di cenegermin è stato in grado di contrastare la malattia rara e debilitante, come la cheratite neurotrofica, senza inficiare il generale stato di salute dei pazienti.
E non è tutto: gli esperti sono fiduciosi che l’innovativo meccanismo d’azione del cenegermin potrà in futuro essere applicato per la cura di altre patologie oculari gravi, come il glaucoma e la retinite.
Pillola anticoncezionale: 5 falsi miti
07 Febbraio 2018
Il mondo della contraccezione è ricco di zone d’ombra.
Dubbi e perplessità che riguardano specialmente la pillola anticoncezionale: un farmaco contraccettivo utilizzato da quasi il 17% delle donne italiane.
Attorno alla pillola sono nati nel tempo numerosi falsi miti: eccone 5, tutti da sfatare!
- La pillola anticoncezionale aumenta il rischio di cancro: falso! Al contrario è stato dimostrato che la contraccezione ormonale diminuisce il rischio di tumore al seno e all’utero, fino a dimezzarlo.
- La pillola elimina il desiderio: la contraccezione ormonale diminuisce il livello di estrogeni, limitando la naturale spinta sessuale provata dalla donna durante l’ovulazione. Tuttavia, alcune coppie possono sentirsi frenate nel vivere una vita sessuale piena e soddisfacente, per paura di una gravidanza indesiderata. In questi casi, la pillola libera il desiderio e rende l’intimità più piacevole.
- La pillola fa ingrassare: ecco un altro falso mito. Grazie al progresso della ricerca e ai farmaci di nuova generazione, la pillola anticoncezionale contiene oggi ormoni naturali e progestinici diuretici, appositamente dosati per limitare l’accumulo di peso.
- La pillola danneggia la fertilità femminile: al contrario, la pillola protegge la fertilità femminile perché impedisce l’ovulazione e mette a riposo la zona pelvica, tutelandola da possibili infiammazioni mensili. Inoltre la pillola è utile nel prevenire patologie dannose per la capacità riproduttiva della donna, come cisti ovariche ed endometriosi.
- La pillola provoca una pericolosa amenorrea: è vero che durante l’assunzione della pillola il ciclo è meno abbondante e, spesso, può non presentarsi. Tuttavia, la scarsità del flusso è normale ed è legata al minor spessore dell’endometrio: un fenomeno “corretto” secondo la terapia ormonale. Una volta sospesa la pillola il ciclo tornerà regolare.
Se hai ancora dubbi, chiedi consiglio al tuo medico o al tuo farmacista: ti aiuteranno a fare chiarezza e insieme potrete valutare il metodo contraccettivo più adatto alle tue esigenze.
Prostata: attenzione anche a 40 anni
05 Febbraio 2018
Alcune patologie nella nostra mente sono connesse con l’invecchiamento: è il caso dei disturbi della prostata, che per la maggior parte delle persone sono circoscritti solo al raggiungimento dell’età matura.
Una recente ricerca condotta dalla Società Urologica Italiana, invece, ha dimostrato che circa il 10% dei quarantenni italiani mostra, a sorpresa, i sintomi precoci di ipertrofia prostatica benigna.
Tra le cause che possono scatenare i disturbi della prostata anche sotto i 50 anni spiccano ipertensione, colesterolo alto, trigliceridi, glicemia e diabete: tutti fattori che possono mettere seriamente a rischio la salute dell’apparato urinario anche in età giovane, aumentando l’incidenza di patologia a carico della prostata del 50%.
Come combattere i disturbi della prostata?
La migliore arma è sempre la prevenzione: se avete superato gli “anta” e notate sintomi come bruciore urinario o eccessiva frequenza di minzione, è tempo di sottoporsi a controlli regolari per monitorare lo stato di salute della zona urologica.
Gli esperti suggeriscono anche di controllare spesso i livelli di testosterone: cali ormonali possono contribuire allo sviluppo di una sindrome metabolica, strettamente connessa con la nascita di malattie urologiche.
Attenzione anche allo stile di vita: le ricerche dimostrano che una frequente attività sportiva riduce il rischio di ipertrofia prostatica benigna fino al 40%. Un’alimentazione sana, priva di grassi e povera di sale, il giusto riposo notturno ed una frequente attività sessuale possono fare il resto.
Informati chiedendo consiglio al tuo medico di famiglia o al tuo farmacista di fiducia: la prevenzione è una buona abitudine da non rimandare.
Piante officinali e farmaci: occhio alle interferenze
03 Febbraio 2018
Quando medicina e natura si scontrano, le conseguenze possono essere serie.
Se stai assumendo una cura farmacologica, fai attenzione all’utilizzo di tisane o di integratori naturali composti da erbe officinali.
Anche gli ingredienti all’apparenza più innocui, infatti, hanno dimostrato di poter interferire concretamente con alcune categorie di farmaci.
Ecco le interferenze tra farmaci e prodotti erboristici ad oggi conosciute.
- Se assumi anticoagulanti…
Fai attenzione a non prendere ginseng, succo di bacche di goji, semi di lino, salvia, camomilla e mirtillo: questi sono alcuni degli ingredienti che interferiscono con l’anticoagulante warfarina, una sostanza utilizzata da chi soffre di patologie cardiocircolatorie o di depressione. I rischi? In alcuni casi possono essere anche gravi, fino ad arrivare ad episodi di emorragia.
- Se assumi ciclosporina…
…in seguito a patologie renali, fai attenzione a non bere camomilla e a non ingerire la curcuma. Questi due prodotti erboristici limitano il corretto assorbimento del principio attivo farmacologico, depotenziando la cura.
- Se assumi medicinali chemioterapici…
…niente echinacea o ginseng: questi due ingredienti, insieme all’aronia nera – un frutto simile al mirtillo – interferiscono nella corretta metabolizzazione dei farmaci.
- Se assumi farmaci antidepressivi…
…rinuncia al ginkgo biloba. L’interferenza che si crea tra i principi attivi dei medicinali e questo popolare prodotto erboristico può generare anche seri effetti collaterali, come le convulsioni
Per non rischiare di sbagliare, informa sempre il medico delle terapie farmacologiche in corso e di quali prodotti erboristici assumi con costanza: è compito dello specialista segnalarti possibili interazioni tra i prodotti, a beneficio del tuo benessere.
Non riesco ad ingoiare le pillole: come fare?
01 Febbraio 2018
La difficoltà ad ingoiare le pillole accomuna numerosi pazienti: a causa di possibili disturbi alla muscolatura del cavo orale o di blocchi psicologici, di fronte ad una compressa da ingerire può scatenarsi il panico.
La sensazione di soffocare, di non riuscire a deglutire o di non saper coordinare il movimento corretto per spingere la compressa giù per l’esofago può limitare la vita di un paziente.
Dietro a questo disturbo, all’apparenza banale, possono nascondersi motivazioni, anche serie: per questo, il primo passo è quello di parlarne con il medico, per andare a fondo del problema.
Nel frattempo, come comportarsi per deglutire più semplicemente una compressa?
Ce lo insegna una ricerca tedesca condotta dall'Università di Heidelberg.
La bottiglia di plastica piena
Prendete una bottiglietta di plastica e riempitela con dell’acqua.
Posizionate la compressa sulla lingua e serrate le labbra attorno all’apertura della bottiglia.
Tenendo chiuse le labbra in modo ermetico attorno al collo della bottiglia, bevete un sorso eseguendo un netto movimento di suzione: senza far entrare aria all’interno della bottiglia, l’aspirazione eseguita vi farà inghiottire subito la pillola, insieme all’acqua.
Il mento in avanti
Anche se la posizione più naturale per ingoiare una compressa potrebbe sembrare quella con il collo piegato all’indietro, provate ad invertire l’inclinazione.
Posizionate la compressa sulla lingua e bevete un sorso d’acqua, tenendo il liquido in bocca.
A questo punto portate il mento in avanti, come se voleste toccare lo sterno con il viso ed eseguite con la lingua il movimento per ingoiare la compressa. La ricerca ha dimostrato che nell’88% dei casi questa soluzione si è rivelata efficace e risolutiva.